L’incoronazione di Corilla Olimpica

31 agosto 1776

Un premio alla «facilità e naturalezza nell’improvvisare elegantemente»

Maria Maddalena Morelli (Pistoia, 17 marzo 1727 – Firenze, 8 novembre 1800), giunse a Roma all’età di circa vent’anni, al seguito della principessa Vittoria Rospigliosi Pallavicini, estimatrice delle sue abilità musicali e poetiche; doti che, sotto il custodiato di Michel Giuseppe Morei, le aprirono le porte dell’Arcadia, con il nome di Corilla Olimpica:

Cantai sul Tebro, di colà passando,
e Arcadia e ’l vecchio innamorato Alfeo
tacquer, l’orecchie ad ascoltar alzando.
Anzi fra ’ suoi mi scrisse il buon Mireo,
e mi chiamò Corilla, e un gentil dono
delle Campagne Olimpiche mi feo
(Ademollo, Corilla Olimpica, pp. 57-58).

La sua fama di improvvisatrice le assicurò l’ammirazione dei contemporanei, ma la espose anche a critiche violente. Così, dopo che l’abate Pier Francesco Versari, Eurasio Nonacride in Arcadia, durante i Giuochi Olimpici del 1753, l’aveva menzionata tra le detentrici del segreto del «canto all’impensata», nel 1760 fu costretta ad abbandonare Roma a causa del clima a lei avverso (ivi, p. 73). È probabile che tale avversione fosse dovuta anche all’amicizia con personaggi quali l’abate Giovanni Cristoforo Amanduzzi, una delle personalità più influenti della curia di Clemente XIV, fieramente ostile all’ordine dei Gesuiti, tanto da suggerirne al pontefice la soppressione, e il principe Luigi Gonzaga di Castiglione, protettore e amante di Corilla, aperto a posizioni di orientamento massonico-illuminista e sensibile alle innovazioni europee sul tema delle funzioni della poesia (Guarino, L’incoronazione di Corilla Olimpica, pp. 178-180). In quegli anni, infatti, la discussione filosofico-letteraria coinvolse a fondo anche le esibizioni degli improvvisatori, tanto da dar vita a due fazioni contrapposte, l’una schierata a difesa di una poesia in linea con la tradizione umanistico-gesuitica e l’altra fautrice dell’autonomia espressiva della poesia (ivi, p. 175).

Nonostante gli attacchi ricevuti, per «la sua facilità e naturalezza nell’improvvisare elegantemente in qualunque metro sopra qualsiasi letterario argomento» (Silvagni, La corte e la società romana, I, p. 270), Corilla ottenne l’incoronazione poetica prima in Arcadia, il 16 febbraio 1775, sotto il custodiato di Gioacchino Pizzi, e poi in Campidoglio, il 31 agosto 1776 (cfr. Acquaro Graziosi, L’Arcadia, pp. 34-35). Per quest’ultimo riconoscimento la poetessa, «in tre serate distinte del mese di agosto», fu esaminata da una commissione scelta su dodici temi: Storia sacra, Religione rivelata, Filosofia morale, Fisica, Metafisica, Poesia eroica, Legislazione, Eloquenza, Mitologia, Armonia, Belle Arti, Poesia Pastorale (Silvagni, La corte e la società romana, I, p. 272). La solenne cerimonia si svolse nella «gran sala consolare, quella cioè degli Orazi e Curiazi», che «fu trasformata in elegantissima e ricca sala regia» (ivi, p. 273), ma si concluse con la fuga della neo-incoronata, in seguito ai fischi ricevuti dagli avversari in piazza dell’Aracoeli.

Bibliografia: Adunanza tenuta dagli Arcadi per la coronazione della celebre pastorella Corilla Olimpica, Roma, Stampe del Salomoni, 1775; Alessandro Ademollo, Corilla Olimpica, Firenze, C. Ademollo e C., 1887; David Silvagni, La corte e la società romana nei secoli XVIII e XIX, 3 voll., Napoli, Arturo Bersirio, 1967; Maria Teresa Acquaro Graziosi, L’Arcadia. Trecento anni di storia, Roma, Palombi, 1991; Raimondo Guarino, L’incoronazione di Corilla Olimpica e l’improvvisazione in Arcadia nel Settecento, «Atti e Memorie dell’Arcadia», 5, 2012, pp. 169-193.

Autore: Maila Vaccaro
Revisore: Pietro Petteruti Pellegrino

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